venerdì 20 giugno 2025

Cinema, metacinema, miniature e manie di controllo (Pt.2)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Ma veniamo - senza alcuna intenzione di paragonarle, neppure fra loro, a livello qualitativo, ma solo in merito a come usano l’espediente oggetto del post - a opere ben più recenti. 
Nel bellissimo “Hereditary – Le radici del male” di Ari Aster (2018), la famiglia di Annie è un microcosmo in cui, in un meccanismo da tragedia greca, si manifesta il karma familiare, quel male ereditario che suo malgrado la stessa Annie contribuisce a perpetrare. Non a caso Annie costruisce miniature, e il modellino a cui sta lavorando è proprio la casa del film, come ci mostra la telecamera che, nelle scene iniziali del film, ci porta al suo interno e poi scivola fuori, nella realtà filmica (una tecnica, quella della telecamera che precede gli attori negli ambienti e vi indugia, che sarà usata anche in altri momenti nel lungometraggio). 
Qui la presenza del modello consente un gioco di specchi, non solo in senso fisico ma anche esoterico: ciò che è dentro, è fuori. L’ereditarietà si manifesta anche nella propensione artistica, diciamo così, delle donne di famiglia, nella loro urgenza di rappresentare il reale; ma traslando, il talento di Annie nella figlia si deforma, diventando grottesco (pensiamo all’armonia delle sue miniature a paragone con i brutti e inquietanti ritratti di famiglia abbozzati da Charlie, così come l’aspetto fisico di quest’ultima è una distorsione della bellezza materna).

venerdì 13 giugno 2025

Cinema, metacinema, miniature e manie di controllo (Pt.1)

Il metacinema, ovvero il cinema che parla di se stesso, che si svela o si cita, sia nella struttura operativa che nel linguaggio e negli intenti, è probabilmente un fenomeno vecchio quanto il cinema stesso. Non ho dati oggettivi, ma quantomeno non ho dubbi che non sia cosa recente, se è vero che uno dei primi esempi risale a detta di molti addirittura agli anni ‘50 (proprio del 1950 è infatti “Viale del tramonto”, il film in cui Billy Wilder fa recitare Gloria Swanson nella parte di una diva, appunto, sul viale del tramonto, ovvero nella parte di se stessa; operazione ripresa – tra l’altro – dalla regista Coralie Fargeat in “The Substance”, del 2024). 
È un tipo di narrazione che si contrappone a quella classica, diegetica, in cui lo spettatore viene cullato nella finzione filmica, senza vedere l’artificio che rende possibile il prodigio e senza la necessità, in realtà, di doversi sforzare in alcun modo per capire quanto viene messo in scena, perché i personaggi agiscono in modo lineare seguendo pattern ben consolidati che li portano all’inevitabile conclusione della storia, lieta o tragica che sia. 

venerdì 6 giugno 2025

Affinità e divergenze tra "Madre nostra" e "Il potere" (da Zona 42)

È giunto anche il momento di “Madre Nostra”, romanzo di Stefano Paparozzi del 2018 edito da Zona 42, un romanzo che stazionava da tempo sul mio tavolino delle letture (un ripiano della libreria, in realtà). La cosa singolare è che l’ho letto a poca distanza da “Il potere” di Alessandro Vietti, altro romanzo uscito lo stesso anno per Zona 42 con il quale ha diverse cose in comune, a partire dal fatto che entrambi narrano di persone speciali alle prese con un destino che non si sono scelte, e che affrontano tra successi e fallimenti dalle tragiche conseguenze. Mi è venuto naturale, quindi, accostare i due romanzi, anche se le differenze sono forse più delle similitudini. 
Se Alessandro, il protagonista di “Il potere”, è un supereroe dotato di una facoltà molto particolare, Miriam, la protagonista di “Madre Nostra”, è anche lei, a modo suo, una supereroina. La definizione per la verità non è mia, ma della stessa Miriam, che però la sconfesserà nel corso del romanzo. Ma non importa.
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